LAVORO, CULTURA, RETI TERRITORIALI CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Per combattere la piaga di cui le donne sono vittime, c’è bisogno di una strategia su più fronti. Tanto più in Sicilia dove sette donne su dieci solo tra marzo e giugno di quest’anno sono state ammazzate. E sono operativi solo 21 centri anti-violenza. Servono centri di ascolto per uomini che maltrattano le donne. E un piano straordinario per l’occupazione femminile. Le proposte Cisl

La ricorrenza del 25 novembre trova la Sicilia, secondo Rosanna Laplaca, componente della segreteria, con «un triste primato sul versante più oscuro della questione: i femminicidi». Sono sette su dieci nella regione, solo tra marzo e giugno di quest’anno, le donne che sono state ammazzate. Così per far fronte a questo dramma che spesso si trasforma in tragedia, serve, secondo la Cisl, «una strategia politica condivisa tra governo regionale e parti sociali nel solco del piano strategico nazionale 2017-2020 e del relativo piano operativo. E serve accelerare con un’azione spedita». Alla Regione, incalza Laplaca, chiediamo di istituire «reti territoriali tra istituzioni e attori sociali per un’azione sinergica di contrasto e prevenzione di ogni forma di violenza, e per la promozione della cultura del rispetto e della dignità della persona». Un traguardo che non pare proprio essere stato tagliato. Nell’Isola, «delle 52 strutture di accoglienza a indirizzo segreto previste, ne sono funzionanti solo 25 sebbene per tutte siano già stati pubblicati i bandi. E solo 21 centri anti-violenza sono attivi». «La Regione – aggiunge Laplaca – di recente ha finanziato l’attivazione di 31 sportelli di ascolto. Ma sono ancora in fase di realizzazione». Inoltre, «occorre che il ministero eroghi in tempi celeri le risorse previste per il 2019». Soprattutto, che sia adeguatamente finanziato il sostegno economico in emergenza per le donne vittime di violenza. «Queste povere donne – sostiene la sindacalista – devono essere concretamente aiutate nel loro reinserimento socio-lavorativo». Il Reddito di libertà recentemente istituito dalla Regione pensiamo possa giocare un ruolo positivo così come il sistema delle borse lavoro. Ma entrambi gli strumenti, puntualizza, dispongono di dotazioni finanziarie assai esigue. Appena 200 mila euro per il Reddito di libertà. «Combattere davvero, non solo a parole, la piaga della violenza, significa invece incrementare, già con la prossima legge di bilancio, i fondi per questi strumenti». E significa, continua Laplaca, organizzare una politica di sostegno dell’occupazione femminile. Perché in
Sicilia gli occupati in tutto sono un po’ meno di 1,4 milioni. Ma «solo un terzo sono donne». E l’Isola, sottolinea Cappuccio, resta tra le regioni più in ritardo sul fronte della partecipazione delle donne al mercato del lavoro. «Lavoriamo per contrastare sempre e comunque la violenza sulle donne. Su tutte le donne: di ogni età, di ogni nazionalità, di ogni estrazione sociale», le parole di Valentina Campanella, presidente dell’Anolf Sicilia, l’Associazione nazionale oltre le frontiere, del sindacato. Ma la violenza sulle donne, sostengono alla Cisl, è soprattutto un fatto di cultura e di costumi maschili. E gira gira, torna sempre sul terreno del lavoro. Sul primo punto, «anche in Sicilia – riprende Laplaca – va dato corpo in tempi brevi al piano nazionale contro la violenza». Tra l’altro con l’istituzione di centri di ascolto dedicati, per uomini che maltrattano le donne. «Li pensiamo – spiega la sindacalista – in capo alle Asp così come avviene per le tossicodipendenze. O aperti presso associazioni impegnate e accreditate». Riguardo al lavoro, «resta uno dei nodi di fondo», afferma l’esponente Cisl. Perché «a garantire la vera libertà può essere solo l’emancipazione che il lavoro assicura». E un’isola che si piazza al 276esimo posto su 277 regioni europee per occupazione femminile, può essere solo fonte di inquietudini e apprensione. Ecco perché, sostengono alla Cisl, «serve un piano straordinario per l’occupazione femminile che veda coinvolti i governi regionale e nazionale. E assieme a loro, la rete delle forze economiche e sociali». Umberto Ginestra